sabato 25 febbraio 2017

Il Pd e il Paese. Pragmatismo, non cinismo.

Amici e compagni,
mi rivolgo a coloro che le recenti vicende hanno messo in una situazione di difficoltà e meditano di uscire dal Partito Democratico. Nella vita ci sono dei momenti che ci costringono a riesaminare tutto il vissuto e a operare delle scelte. Ma le scelte utili non sono sempre quelle fatte all’insegna di un semplice sì o di un semplice no. Il più delle volte è più produttivo rilanciare ponendosi in modo attivo (e combattivo, direi) nella data situazione. E’ una sfida, e non è detto che la si vinca, ma fuggire nel déjà vu (già visto nel passato, per chi poco mastica di francese), come alcuni stanno facendo, è la via di fuga più facile ma anche la più foriera di effetti nefasti. Non è chiesto a nessuno di rinunciare ai propri riferimenti valoriali, ma un paese complicato come l’Italia e un contesto mondiale che muta rapidamente ci costringono ad una certa dose di pragmatismo, che non è cinismo ma capire quali sono le forze in gioco, quali le conseguenze delle nostre azioni, quali le reazioni, e quali le contromisure, e tutto in tempi sufficientemente veloci per trovare soluzioni e non perdere il treno. I sacri principi da tutti declamati (in primis la lotta alle diseguaglianze e alle povertà) non si possono affermare solo allargando la spesa sociale e non pensando alla base produttiva del paese, e a innestare efficacia ed efficienza in ogni settore, a partire da quello pubblico. Siamo un paese bloccato da una burocrazia ferraginosa, da rendite di posizione corporative (e Bersani ne sa qualcosa, quando da ministro si batté coraggiosamente contro le lobby dei farmacisti, dei notai, dei tassisti, pure), da sprechi colossali, ruberie, corruzione, per non parlare della spada di Damocle del debito pubblico. E davanti a tutto questo i nostri eroi della ‘scissione’ pensano che basti ‘spostarsi più a sinistra’ e creare l’ennesimo partitino, a fare concorrenza ai grillini nel raschiare il barile dei riottosi e degli arrabbiati. So che tanti argomenti da voi posti, come quello che dice che non sappiamo più parlare ai lavoratori e ai giovani, hanno un fondamento, ma non crediate di essere gli unici a porvelo, e scordatevi che vengano a voi solo perché avete mandato a vaffa Renzi, e il Pd. Convengo anche che Renzi e tutta la dirigenza del partito non abbiano fatto il possibile per ascoltare le vostre ragioni e per interloquire, ma sono anche dell’opinione che alla fin della fiera si debba prendere una decisione e che il metodo per arrivarci sia quello democratico che dice ‘ascoltati tutti si decide a maggioranza’. Vi invito poi a considerare le conseguenze delle vostre azioni: un indebolimento del Partito Democratico vuol dire in questo momento indebolire la democrazia in Italia e favorire l’approdo al governo – con esiti disastrosi – dei populisti di vario colore, da quello nevrastenico di Grillo a quello xenofobo di Salvini. Quindi ponderate bene le vostre decisioni, se stare nel Pd, anche con il mal di pancia, per dare il proprio contributo, oppure uscirne per salvarsi la coscienza e prepararsi a dire di fronte al peggio che verrà, perché verrà, ‘io l’avevo detto’. Con tutta la stima e il rispetto vi dico che ‘questo non lo accetto’.

Marino Contardo


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