sabato 11 giugno 2016

Analisi del voto Amministrativo 2: Tutta colpa di Renzi?

Non giriamoci intorno, le recenti elezioni amministrative hanno segnato un ridimensionamento del Partito Democratico un po’ ovunque. E non ci è di consolazione in fatto che anche il centrodestra abbia avuto i suoi cedimenti. I 5Stelle invece gongolano, ma le brillanti affermazioni di Roma e di Torino non riscattano i risultati fiacchi degli altri comuni. Insomma, se valutata dal punto di vista politico, questa tornata elettorale segna un’Italia molto frastagliata, divisa e confusa, ove il voto si sposta, si riposiziona, torna al punto di partenza e poi vira di nuovo, e si combina con un’astensione in crescita dagli effetti spesso imprevedibili. Dalla società ‘liquida’, di cui parlano alcuni sociologi, alla politica ‘liquida’ il passo è breve. Sui media i commentatori ci propinano a getto continuo analisi su analisi, in una rincorsa continua a chi è più originale, se non a chi la spara più grossa. Anche la comunicazione è ‘liquida’, e la risultante di tanto affanno è zero. Se invece zoomiamo e guardiamo nel dettaglio le singole situazioni, possiamo comprendere alcune dinamiche che sfuggono invece in un contesto troppo generale. Laddove si è responsabili di immobilismo, risse, malgoverno se non addirittura di fatti corruttivi ( e qui penso a Roma e a Napoli ) non c’è rimedio che ci possa giovare ( anche se il buon Giachetti ci ha risparmiato da una dèbacle più dolorosa ), ove invece i candidati sono credibili e la squadra è coesa le cose vanno meglio ( vedi Milano e Torino ). Proseguendo nella zoomata arriviamo alle piccole realtà locali ove imperversano le liste civiche dalla collocazione politica incerta, che intercettano un elettorato locale deluso dai partiti ‘storici’ e facile preda di parole d’ordine general generiche purché pronunciate da giovani promesse le cui qualità più apprezzate sono la bella presenza, il facile eloquio e la verginità politica. Pesano poi sul nostro deludente risultato in Martesana diatribe locali, divisioni in fronde contrapposte, personalismi e scarsa presenza nella vita sociale, civile e culturale dei paesi. Non vorrei indulgere all’autobiografia, ma Cassina de’ Pecchi per anni fu un modello di proposta politico-amministrativa per i comuni della Martesana. Il Progetto Cassina-Sant’Agata dal 1995, per tre tornate elettorali successive, vinse le elezioni amministrative ogni volta superando il 50% dei voti, quando nella stesse tornate elettorali i voti per le provinciali o le regionali vedevano i partiti del centrodestra sfiorare il 60%. Ogni volta circa un migliaio di elettori confluiva dal centrodestra al Progetto, e la ragione principale era la credibilità dei candidati e il loro radicamento nel paese. Poi venne la stagione delle divisioni e dei personalismi, e si passò, a un anno dalla scadenza del mandato di Sindaco di Simona Ginzaglio, al commissario e poi all’amministrazione a guida leghista. Finita ingloriosamente anche l’esperienza leghista, frantumata e scomposta dalle divisione interne su di un Piano faraonico e fantasioso di governo del territorio (Pgt), siamo tornati alla ribalta con la lista unitaria di centrosinistra Cassina Domani e amministriamo da due anni.

Tutto questo periodare per dire che man mano che ci allontaniamo dai piccoli comuni, dove le ragioni di sconfitte o di vittorie sono ragionevolmente facili da comprendere – e quindi da porvi rimedio, sempre che la ragione ci assista – a livello più generale prevalgono incertezza e fluidità, ed azzardare previsioni è più affare da maghi che da politologi. Per cui, bando alle sterminate discussioni di espertoni o di professoroni che hanno la pretesa di spiegarti come va il mondo ( stranamente sempre a posteriori ), ma soprattutto, e per quanto ci riguarda, bando a quei soloni della ‘sinistra’ tutti intenti a sbrodolare la loro versione della storia a partire dalle origini, e che,per non essere stati ascoltati a tempo debito, non hanno potuto evitare il disastro ( ‘l’avevamo detto noi che finiva così’ ). C’è in costoro una sorta di vizio di fabbrica, di cui per vanagloria (o per spiccioli interessi di sopravvivenza personale) non riescono a liberarsi: provengono quasi tutti dalla scuola storicistica italiana o dal marxismo in salsa locale (per quanto cerchino di mascherarlo dietro boutades modernistiche), secondo le quali da un fatto A consegue necessariamente un fatto B, e da B si passa a C, e così via dall’origine dei tempi fino a Renzi. Una versione semplicistica della vicenda umana, fortunatamente in via di estinzione, ma che da noi ancora resiste e pretende di contare. E dire che anche la scienza, ossia il luogo del rigore e della logica, ha abbandonato da tempo il terreno delle certezze e degli assoluti, per approdare ai concetti di indeterminazione e probabilità, che operativamente diventano ipotesi di lavoro e congetture sempre sottoposte a controllo e verifica in vista di un loro superamento. Sciocchezze come ‘è tutta colpa di Renzi e dei suoi’ vanno considerate alla stregua di puerili espressioni di un pensiero debole, incapace di afferrare la complessità del reale perché fissato su schemi interpretativi ormai ossificati.

Quel che invece possiamo sicuramente fare per contrastare questa incertezza e fluidità dell’elettorato, sempre che lo si ritenga utile, è sostenere il Partito Democratico come forza autenticamente riformista, democratica e solidale. Con tutte le riserve che si vogliono avere, e con tutte le critiche che si vogliono fare, ma in uno sforzo direi quasi emulativo a far di meglio e di più, lasciando fuori rancori, acredini, e ripicche personali. Quando sento qualche capoccione della ‘minoranza dem’ chiamare a raccolta i giornalisti per sparare ad alzo zero contro ‘Renzi’, oppure spargere velenose insinuazioni nei confronti suoi o di qualcuno del suo ‘cerchio magico’, mi prendono dei brutti pensieri, che per decenza non riporto. Se si vuole stare insieme in un’impresa così importante ci si deve metter in testa che si fa parte di un collettivo di lavoro, che la collaborazione non esclude la discussione, sincera ed aperta –cioè critica – allo scopo di fare passi in avanti, possibilmente misurabili in termini di risultati. Per mia formazione sono refrattario ad ogni appartenenza a correnti, cordate o minoranze e maggioranze, e prima ci disfiamo di tali inclinazioni meglio sarà per tutti noi. Si fissano gli argomenti all’ordine del giorno, si discutono liberamente ed in un tempo ragionevole si arriva ad una decisione, anche a maggioranza se non possibile altrimenti. E una testa conta quanto una testa e non rappresenta che sé stessa.

P.S. Agli arcinemici di ‘Renzi’ che si annidano nel partito voglio solo dire che ci sono due sistemi per metterlo fuori gioco: il primo è far vincere il No al Referendum costituzionale di ottobre (alcuni come Bersani e D’Alema sono già sulla buona strada), il secondo è batterlo al congresso del Pd che si farà poco dopo. Ma fatela finita con questa guerriglia continua, che finisce per logorare tutti.


Marino Contardo

2 commenti:

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